Una notizia bomba sta facendo il giro del web e rischia di scatenare un’ondata di polemiche. un quarto dei pensionati italiani si è visto negare il recupero completo dell’inflazione, perdendo migliaia di euro. si tratta di una “beffa” clamorosa per chi ha lavorato e versato più tasse e contributi per tutta la vita. un nuovo studio ha messo a nudo la verità, dimostrando che il meccanismo di rivalutazione del governo meloni penalizza proprio chi ha dato di più al sistema. ecco cosa sta succedendo e quanto costerà questa scelta.
Chi ha pagato di più, perde di più
Secondo un’analisi del centro studi e ricerche itinerari previdenziali e cida, il 21,9% dei pensionati, quelli con assegni oltre i 2.500 euro lordi al mese, ha subito una rivalutazione ridotta, o in alcuni casi quasi azzerata. una scelta che ha un costo altissimo per le loro tasche. si stima che nei prossimi 10 anni la perdita per questa categoria sarà di almeno 13.000 euro. per i pensionati con gli assegni più alti, la perdita potrebbe raggiungere cifre astronomiche, superando i 100.000 euro. si tratta di un vero e proprio “furto” di potere d’acquisto, che colpisce chi ha versato di più e ha contribuito in maniera determinante al sistema pensionistico.
Le nuove regole che cambiano tutto
La ragione di questa ingiustizia sta nel nuovo meccanismo di rivalutazione introdotto dal governo. se da un lato sono state pienamente rivalutate le pensioni minime e gli assegni sociali, dall’altro sono stati applicati dei tagli progressivi a tutte le pensioni più alte. nel dettaglio, le pensioni fino a 4 volte il minimo sono state rivalutate al 100%, mentre per gli assegni superiori si è scesi progressivamente all’85%, 53%, 47% e così via, fino ad arrivare a un misero 22% per le pensioni più consistenti. questo sistema, pensato per sostenere le fasce più fragili, ha finito per penalizzare in modo pesante la classe media e quella dirigente.
La grande contraddizione
Secondo il presidente di cida, stefano cuzzilla, si è di fronte a una contraddizione evidente. “siamo di fronte a una contraddizione evidente, un sistema che mortifica i contribuenti più fedeli”, ha dichiarato. i pensionati con redditi da 35.000 euro in su, che rappresentano solo il 14% del totale, pagano quasi la metà di tutta l’irpef della categoria. eppure, sono proprio loro a subire i tagli più pesanti. mentre chi ha versato pochi o nessun contributo è stato pienamente tutelato. la solidarietà, in questo caso, ricade sempre sulle stesse persone, creando un’ingiustizia e rompendo il patto tra generazioni. un sistema che non premia chi ha lavorato e versato di più, ma lo punisce.
Punire chi ha pagato le tasse non funziona
L’analisi di itinerari previdenziali dimostra che in trent’anni le pensioni medio-alte hanno perso oltre un quarto del loro potere d’acquisto. il problema è che i pensionati hanno poche possibilità di difendersi dall’inflazione, perché il loro reddito è fisso e non possono contare su aumenti salariali. per questo, un meccanismo di rivalutazione equo e stabile nel tempo è fondamentale. “le pensioni non sono un privilegio, sono salario differito, il frutto di una vita di lavoro e tasse pagate”, ha commentato cuzzilla. un messaggio chiaro a chi ha pensato di penalizzare la parte più produttiva e fedele del paese.