Proposta del governo per ampliare il canale pensionistico anticipato: sistema contributivo e misto coinvolti, TFR trasformato in rendita integrativa obbligatoria su base volontaria.
Nel corso del 2025 è emersa una proposta che potrebbe modificare in modo significativo l’accesso alla pensione anticipata per molti lavoratori. L’idea è consentire l’uscita dal lavoro a 64 anni di età, anche se non tutti i requisiti attuali sono soddisfatti, purché vi sia un accumulo contributivo minimo e una soglia pensionistica dignitosa. Si pensa di usare il Trattamento di fine rapporto (TFR) come rendita integrativa per raggiungere la somma dei requisiti minimi utili, qualcosa che oggi è previsto solo per chi ha già un assegno alto oppure è interamente nel regime contributivo puro. La proposta è allo studio, mancano dettagli definitivi su fasce interessate, decorrenza e impatti sul sistema previdenziale.
Cosa prevede la proposta per uscire a 64 anni usando il TFR
La misura ipotizzata prevede che il lavoratore, al compimento dei 64 anni, possa accedere alla pensione anticipata se ha accumulato almeno 25 anni di contributi. Questa soglia sale rispetto all’attuale requisito per chi è nel sistema contributivo puro, dove bastano 20 anni per chi ha iniziato a versare dopo il 1995, ma resta l’impedimento per molti che hanno parte della carriera nel sistema misto o retributivo. Con l’estensione, la norma cercherebbe di includere anche questi soggetti.
Un altro elemento cruciale è la soglia minima dell’assegno pensionistico. La proposta domanda che la somma della pensione ordinaria più il valore derivante dalla trasformazione del TFR superi almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale, che per il 2025 è circa 1.616 euro mensili. Se la pensione senza il TFR non raggiunge tale valore, il TFR verrebbe convertito in rendita e aggiunto al trattamento ordinario per completare la soglia richiesta. Il calcolo resterebbe basato sul regime contributivo, anche per chi nel passato ha avuto parti di carriera retributiva, ma l’impatto sull’importo finale potrebbe essere penalizzante per via del metodo di calcolo.
C’è la questione fiscale: l’uso del TFR come rendita sarebbe soggetto a tassazione agevolata, come già accade per la previdenza complementare, non prevista per la liquidazione in unica somma. Dovrebbe essere la scelta del lavoratore accettare o meno questa modalità, volontaria. Si valuta anche che il TFR residuo, accumulato presso l’azienda o presso l’INPS, possa essere gestito come fondo pensione integrativo per chi non ha già aderito a forme complementari.
Difficoltà operative, ambiti esclusi e tempistiche previste
Non tutti i lavoratori beneficerebbero subito di questa misura se approvata. Alcune categorie resterebbero escluse o con condizioni più restrittive: lavoratori con carriera breve, con contributi insufficienti nel sistema misto, oppure con redditi pensionistici troppo bassi o troppo irregolari. Anche se la soglia dei 25 anni di contributi offre maggiore apertura, non tutti la raggiungono facilmente, specie chi ha avuto interruzioni, lavori part‑time o settori a basso versamento contributivo.
L’uso del TFR come rendita richiede uno strumento normativo chiaro: come verrà trasformato, su quale base temporale, quali coefficienti di conversione e come si ripercuoterà sull’importo netto mensile. Serve definire decorrenza: alcune fonti parlano di una entrata in vigore possibile già entro i prossimi anni, ma con gradualità. Un’altra questione è la compatibilità con altre forme già previste: pensione anticipata flessibile, usuranti, APE sociale, Opzione donna o Quota 103. Occorrerà coordinare con queste misure per evitare sovrapposizioni o disparità.
Dal punto di vista finanziario lo Stato dovrà garantire la copertura economica, visto l’aumento potenziale della platea interessata. Si discute su costi, rischio saldo pensionistico decurtato per alcuni lavoratori, equilibrio tra sostenibilità pensionistica e equità. Sono in corso audizioni parlamentari, consultazioni con sindacati. Se approvata, la norma potrebbe entrare in vigore entro fine legislatura, ma con decreto attuativo necessario per definire modalità operative, importi, finestre di uscita.