Danno da demansionamento, la sentenza n. 24133 che cambia tutto: come dimostrare la perdita di competenze per farsi risarcire

Roberta

Settembre 22, 2025

Una recente sentenza della Cassazione ha chiarito quando il lavoratore può chiedere un risarcimento se viene assegnato a incarichi di livello più basso rispetto alla propria professionalità.

Essere destinati a compiti inferiori al proprio ruolo non è solo un problema di prestigio: può comportare un vero e proprio danno da demansionamento, che dà diritto a un risarcimento. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24133 del 28 agosto 2025, ha fissato i criteri che i giudici devono seguire per riconoscere e quantificare questo tipo di danno.

Quando scatta il risarcimento

Il risarcimento per demansionamento non è automatico: il lavoratore deve dimostrare che l’assegnazione a mansioni inferiori ha comportato una perdita reale di professionalità o un impoverimento delle competenze maturate.

La Cassazione ha stabilito che la prova può essere fornita anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, come la qualità e la quantità delle nuove attività svolte, la loro distanza dal profilo professionale originario e la durata del periodo di dequalificazione.

I criteri stabiliti dalla Cassazione

Per riconoscere e quantificare il danno da demansionamento, i giudici devono valutare:

  • la qualità e quantità del lavoro assegnato dopo lo spostamento;
  • la natura della professionalità posseduta dal lavoratore;
  • la durata del demansionamento;
  • la nuova collocazione lavorativa rispetto al ruolo precedente;
  • l’anzianità e la carriera maturata.

Questi parametri consentono di capire se c’è stato un effettivo impoverimento professionale e quale importo risarcitorio sia equo.

Come viene calcolato il risarcimento

La quantificazione non segue una tabella fissa, ma avviene in via equitativa, caso per caso. Il giudice deve considerare il periodo di tempo in cui il dipendente è rimasto a mansioni inferiori, la gravità della dequalificazione e la rilevanza degli incarichi rispetto alla professionalità originaria.

Il risarcimento può essere anche molto consistente, soprattutto se il lavoratore ha subito un lungo periodo di penalizzazione e se la sua carriera è stata compromessa da compiti poco qualificanti.

Cosa significa per i lavoratori

Chi viene spostato a incarichi non coerenti con la propria professionalità può fare causa e chiedere un risarcimento, a patto di dimostrare il danno. Non basta infatti la semplice riduzione delle mansioni: serve provare con elementi concreti che ci sia stata una perdita di professionalità, reputazione o possibilità di crescita.

Per i lavoratori si tratta di una tutela importante, che rafforza il principio secondo cui le competenze acquisite nel tempo vanno rispettate e valorizzate.