Negli ultimi mesi il cosiddetto “Bonus tiroide” ha fatto il giro del web, descritto come un assegno mensile garantito dall’INPS ai pazienti con patologie tiroidee. Ma quanto c’è di vero? Importi, requisiti e modalità di accesso sono stati spesso raccontati in modo impreciso: ecco un quadro chiaro e aggiornato al 2025.
Bonus tiroide: una misura ufficiale o solo un’etichetta giornalistica?
La prima cosa da chiarire è che il “Bonus tiroide” non esiste come misura autonoma all’interno della normativa italiana. Non c’è alcun decreto né alcuna circolare INPS che abbia istituito un contributo con questo nome. Quello che molti siti chiamano “bonus” non è altro che una semplificazione giornalistica di prestazioni già previste dal sistema delle invalidità civili.
Le patologie della tiroide – ipotiroidismo, ipertiroidismo, gozzo e persino carcinomi – possono effettivamente essere considerate invalidanti, ma solo se incidono gravemente sulla vita quotidiana. La diagnosi, da sola, non basta: serve un riconoscimento ufficiale con almeno il 74% di invalidità civile.
Importi e fasce: i numeri circolati online
Diversi portali riportano importi che vanno da 286 euro a 550 euro al mese, e in alcuni casi si cita anche la cifra di circa 520 euro per chi necessita di assistenza continua. Questi numeri non sono inventati, ma vanno contestualizzati: non derivano da un “bonus tiroide” dedicato, bensì dagli assegni di invalidità civile e dalle indennità collegate che già esistono.
In concreto:
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tra il 74% e il 99% di invalidità si può accedere a un assegno di circa 286 euro al mese;
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con invalidità totale al 100% si può arrivare a poco più di 550 euro;
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se la persona non è autosufficiente, può avere diritto a ulteriori indennità.
Sono cifre reali, ma inserite in un contesto più ampio, quello delle prestazioni per disabilità, non di un bonus “speciale” pensato solo per i pazienti tiroidei.
A chi spetta davvero il sostegno
Il sostegno economico può spettare a chi soffre di:
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ipotiroidismo grave;
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ipertiroidismo con complicanze;
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gozzo tiroideo in forma invalidante;
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carcinomi tiroidei;
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pazienti operati di asportazione totale o parziale della ghiandola, con conseguenze invalidanti.
La decisione finale spetta sempre alla commissione sanitaria INPS, che valuta la documentazione clinica e stabilisce il grado di invalidità.

Come si presenta la domanda
La procedura è la stessa di qualunque altra richiesta di invalidità civile:
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domanda sul portale INPS;
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possibilità di assistenza tramite CAF o patronato;
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convocazione a una visita presso l’ASL competente;
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decisione della commissione medica e comunicazione dell’esito.
I tempi non sono uniformi in tutta Italia e possono variare di regione in regione, ma di solito occorrono alcuni mesi dall’invio della pratica all’erogazione dell’assegno.
Perché si parla tanto di “bonus tiroide”?
Il termine è nato online, in articoli che volevano rendere più accessibile l’informazione ai cittadini. Ma proprio questa etichetta ha generato confusione e aspettative non realistiche: molti pazienti hanno creduto che esistesse una misura nuova, autonoma, dedicata a chi soffre di patologie tiroidee. In realtà, il meccanismo è lo stesso che regola tutte le altre invalidità civili: non c’è un bonus extra, ma solo la possibilità di rientrare in prestazioni già esistenti, se la commissione riconosce il livello di invalidità.
La verità sul “bonus tiroide”
Alla luce delle verifiche, si possono riassumere tre punti chiave:
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non esiste un bonus ad hoc: si tratta di prestazioni di invalidità già previste;
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gli importi circolati online (286-550 €) sono corretti, ma appartengono alle tabelle dell’invalidità civile e non a una misura dedicata;
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la strada resta quella tradizionale: certificazione medica, domanda all’INPS, visita della commissione, riconoscimento della percentuale di invalidità.
Tra verità e disinformazione
Il caso del cosiddetto “bonus tiroide” dimostra quanto sia facile creare confusione quando si parla di welfare e di sostegni economici. Bastano un titolo accattivante e una semplificazione giornalistica perché migliaia di persone credano all’esistenza di un aiuto nuovo, immediato e universale. La realtà, invece, è molto più complessa. L’INPS non ha mai istituito un bonus specifico con questo nome, e gli assegni citati derivano semplicemente dalle regole consolidate dell’invalidità civile.
Questo non significa che i malati di tiroide non abbiano diritto ad alcun supporto: al contrario, se la patologia compromette davvero la qualità della vita, esistono strumenti economici concreti che possono alleggerire il peso delle cure. Ma bisogna passare attraverso una valutazione medica e una certificazione ufficiale, perché la logica alla base di queste misure non è legata al nome della malattia, bensì all’impatto che essa ha sulla vita quotidiana della persona.
In definitiva, parlare di “bonus tiroide” rischia di illudere e disorientare, mentre la vera sfida è rendere più chiaro e trasparente il sistema di accesso agli assegni di invalidità. Serve una comunicazione istituzionale più chiara e una maggiore responsabilità da parte dei media. Per i pazienti, l’invito è quello di non fermarsi ai titoli online, ma di verificare sempre le informazioni attraverso i canali ufficiali dell’INPS o rivolgendosi a patronati e associazioni. Solo così sarà possibile distinguere tra fake news e diritti reali, evitando false aspettative e concentrandosi su ciò che davvero può fare la differenza.