Negli ultimi mesi un numero crescente di ex lavoratori ha ricevuto richieste di pagamento “inaspettate” relative al TFR (Trattamento di Fine Rapporto) o al TFS (Trattamento di Fine Servizio), anche per somme relative a liquidazioni percepite diversi anni prima. In molti casi, la notifica arriva dopo che chi aveva terminato il rapporto di lavoro pensava fosse tutto chiuso.
Perché arrivano queste cartelle dopo anni
Quando si versa il TFR (o al pubblico impiego il TFS), il sistema prevede un’imposizione fiscale separata: viene applicata subito una ritenuta provvisoria, solitamente intorno al 23 %. Successivamente, l’amministrazione fiscale può ricalcolare l’imposta definitiva prendendo come riferimento le aliquote medie IRPEF dei cinque anni precedenti alla liquidazione.

Se il contribuente ha percepito redditi elevati in quel periodo, l’aliquota media può risultare superiore a quella trattenuta inizialmente. In tal caso l’Agenzia può chiedere la differenza, anche dopo anni, generando la cosiddetta “cartella a sorpresa”.
Chi rischia di più
Non tutti ricevono richieste di conguaglio: i soggetti maggiormente esposti sono coloro che:
- hanno percepito TFR o TFS significativi,
- avevano alti redditi nei cinque anni antecedenti alla cessazione del rapporto,
- hanno beneficiato di incentivi all’esodo, che spesso comportano calcoli più complessi.
Per chi ha ricevuto liquidazioni basse o ha avuto redditi nella media, il conguaglio tende ad essere trascurabile, e l’Agenzia può decidere di non procedere se la differenza è inferiore a una soglia minima, normalmente stabilita dalla normativa.
Verifiche e strategie di difesa
Chi riceve una simile cartella farebbe bene a:
- verificare i redditi usati per il calcolo medio delle aliquote e confrontarli con quelli effettivamente dichiarati;
- controllare che le trattenute già subite siano correttamente conteggiate;
- chiedere chiarimenti formali o ricorrere al contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo;
- valutare se presentare ricorso, se emergono errori o omissioni.
La normativa fiscale impone che, prima di iscrivere il debito a ruolo, venga notificato un “avviso bonario” al contribuente, che consente di prendere visione del ricalcolo e contestarlo. Se questo passaggio manca, la cartella può essere annullata.
Cosa succede se non si paga
Se il contribuente non adempie, il Fisco può procedere con il pignoramento del TFR, ma sono previsti limiti: generalmente non può essere superato il 20 % dell’importo dovuto, salvo casi particolari decisi da un giudice sulla base della situazione economica del debitore.
Un’ulteriore strada di protezione è destinare il TFR a un fondo pensionistico: in molti casi i crediti esigibili dell’erario non possono pignorare fino alla totalità se il TFR è già vincolato in previdenza complementare, anche se esistono eccezioni.
Una richiesta lecita ma che genera dubbi
Sebbene la richiesta di conguaglio sul TFR abbia fondamento normativo — si basa sul fatto che la tassazione definitiva deve rispecchiare la capacità contributiva — molti contribuenti vivono la comunicazione come un’ingiustizia. Ciò è dovuto a:
- tempi estremamente lunghi prima della notifica, spesso quando il soggetto è già in pensione o ha redditi molto ridotti;
- mancanza di consapevolezza sul fatto che l’aliquota iniziale fosse provvisoria;
- discrepanza tra redditi passati e condizioni economiche attuali, che può rendere difficoltoso sostenere l’onere imposto.
Per difendersi, è fondamentale verificare ogni dato, far valere il diritto al contraddittorio e, se necessario, rivolgersi a un consulente fiscale o un avvocato per valutare il ricorso.