Secondo Eurostat l’età media per abbandonare il nucleo familiare supera i 30 anni in Italia, trainata dai costi degli alloggi.
Secondo i dati più recenti diffusi da Eurostat, nei paesi europei un giovane lascia la casa dei genitori in media a 26,2 anni. In Italia la situazione è diversa: qui l’età media raggiunge i 30,1 anni, una delle più alte in Europa. A influenzare questo ritardo sono in primo luogo i costi degli alloggi, che spesso pretendono una porzione troppo ampia del reddito disponibile per permettere ai giovani una vita indipendente.
Le cifre che sorprendono e il confronto europeo
In Europa, l’età media per uscire di casa varia in modo significativo da paese a paese. I giovani finlandesi, danesi o svedesi abbandonano il nucleo familiare già prima dei 22 anni; in Italia invece la media supera i 30. Tra i paesi con valori elevati compaiono Croazia (31,3 anni), Slovacchia (30,9) e Grecia (30,7).

Uno dei dati più evidenti riguarda la pressione economica: circa il 9,7 % dei giovani tra i 15 e i 29 anni in Europa deve spendere almeno il 40 % del proprio reddito per l’abitazione. In Italia quell’onere pesa ancora di più, in particolare nelle aree urbane con mercato immobiliare saturo e affitti elevati.
Il fenomeno è in parte strutturale: salario medio insufficiente, mercato del lavoro instabile, difficoltà di accesso al credito e difficoltà nell’accumulare risparmi. Su questo sfondo, anche condizioni normative, vincoli urbanistici, burocrazia e rigidità contrattuali ostacolano il ricambio generazionale nel patrimonio immobiliare.
Perché in Italia ci vuole più tempo per volare
Diversi fattori alimentano questo ritardo. I costi degli affitti e dei mutui, spesso fuori misura rispetto a uno stipendio da giovane, sono il primo ostacolo. Se un giovane deve destinare una fetta consistente del proprio reddito alla casa, rinviare l’indipendenza diventa l’unica scelta razionale.
Un altro motivo è il mercato del lavoro: contratti precari, salari bassi, difficoltà a trovare occupazioni stabili rendono fragile la capacità di sostenere spese fisse elevate. Senza una base reddituale sicura, lasciare casa è un salto ad alto rischio.
Inoltre, in molte culture familiari italiane — specialmente in aree interne o meridionali — restare in famiglia rappresenta un’opzione più sicura: condividere costi, usufruire del supporto parentale, evitare spese extra. Anche se spesso questa convivenza prolungata diventa una trappola per l’autonomia.
Infine, la disponibilità di abitazioni a prezzi accessibili è limitata: nel mercato libero poche opzioni a canone basso, vincoli per edilizia sociale e scarsa offerta per soluzioni transitorie (co-living, appartamenti condivisi).
Conseguenze e scenari possibili
Il ritardo nell’uscita dal nido ha impatti significativi. Diminuisce l’autonomia giovanile, si rallenta la mobilità geografica per lavoro, si ostacola la formazione di nuove famiglie e si concentrano pressioni demografiche nei nuclei familiari già esistenti.
Una possibile reazione è lo sviluppo di politiche pubbliche mirate: sostegni agli affitti per i giovani, incentivi all’edilizia residenziale sociale, sgravi fiscali, finanziamenti agevolati e progetti di coabitazione. Alcune amministrazioni locali hanno già sperimentato misure simili, con bandi per giovani in affitto o progetti di housing innovativo.
Un altro scenario è il cambiamento culturale: un ragazzo che inizia a lavorare stabilmente potrebbe sentirsi spinto a guadagnare indipendenza prima. Ma senza soluzioni abitative praticabili e sostenibili, resta un desiderio difficile da realizzare.
Il dato italiano non è destinato a correggersi da solo: serve un mix di politiche abitative, sostegno economico e flessibilità nelle modalità di accesso alla casa per riportare equilibrio fra aspirazione giovanile e condizioni materiali reali.