Il sistema italiano consente all’Agenzia delle Entrate Riscossione di inviare al contribuente la cartella esattoriale, documento che formalizza il debito verso enti creditori quali Stato, regioni o comuni.
La cartella nasce quando un ente creditore trasmette un debito accertato sotto forma di ruolo (elenco ufficiale). L’Agente della riscossione si incarica di notificare l’atto al debitore, affinché regolarizzi la sua posizione. Se entro un tempo prestabilito non interviene il pagamento o non si attiva un rimedio, si può avviare la riscossione coattiva, con azioni su beni, crediti o altri strumenti.
Modalità di notifica e validità legale
Per avere forza giuridica, la notifica della cartella deve seguire regole precise. Può essere inoltrata tramite PEC, posta raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure consegnata da ufficiali dell’agente della riscossione o altri messi abilitati. Se il contribuente è persona giuridica, la notifica va fatta alla sede legale o al rappresentante legale.

Il testo notificato deve contenere data e luogo della consegna, la firma del notificatore, e deve essere allegata la relata di notifica. Se queste formalità mancano, la cartella può essere impugnata per irregolarità procedurali. Tuttavia, recenti pronunce di Cassazione hanno stabilito che, in alcuni casi, la nullità della notifica può essere “sanata” se risulta chiaro che il contribuente ha effettivamente ricevuto l’atto e ne è venuto a conoscenza. Lo scopo dell’atto, cioè informare il debitore, può prevalere su vizi formali.
La notifica valida innesca il termine di 60 giorni per impugnare la cartella, presentare istanza di autotutela o chiedere sospensioni. Se il contribuente non propone ricorso nei tempi, la cartella diventa titolo esecutivo e l’agente può agire con misure forzate.
L’agente riceve il ruolo che riporta nominativi, somme e natura delle posizioni debitorie. La cartella richiama quel ruolo, con capitali, interessi e oneri di riscossione. Superati i 60 giorni, l’atto acquisisce forza esecutiva, e si possono applicare fermi amministrativi, pignoramenti o altre misure cautelari.
Nel corso del processo giudiziario è possibile evidenziare vizi di notifica, calcoli errati o assenza della motivazione dell’atto. Se tali questioni vengono sollevate nei modi corretti, la contestazione può portare all’annullamento della cartella o alla riduzione dell’importo.
Contenuto della cartella e modalità di pagamento
La cartella deve riportare dati essenziali: importo del debito, interessi, spese di riscossione, ente creditore, responsabile del procedimento, termine utile al pagamento e modalità operative. Deve includere i riferimenti normativi e indicazioni su come richiedere rateazione, sospensione o proporre ricorso.
Importante è la distinzione fra capitale, interessi e oneri accessori: il contribuente può chiedere che il versamento venga imputato prima al capitale, poi agli interessi, secondo la prassi accettata. Se la cartella resta inevasa nei 60 giorni, l’agente può applicare interessi di mora e aggiungere spese di riscossione.
Le modalità di pagamento sono diverse: si può utilizzare PagoPA, bollettini, sportelli bancari, tabaccai convenzionati o canali telematici. L’attivazione della funzione “rateizza adesso” online consente dilazioni fino a 72 rate, in base all’importo e alla situazione del contribuente. Per debiti oltre certe soglie è prevista la presentazione di documenti ISEE o ulteriori garanzie.
Se il contribuente riconosce il debito ma non può pagare in un’unica soluzione, deve richiedere la rateizzazione prima dell’avvio di azioni esecutive. Se le misure coattive sono già iniziate, la possibilità di dilazione può essere più limitata.
In molte cartelle è inserito un modulo per la regolarizzazione immediata o per avviare la procedura online. L’agente, una volta riscossa la somma, provvede a riversarla agli enti creditori, indicandola come pagamento definitivo.
È possibile ottenere sospensioni o differimenti se sussistono condizioni speciali, come la presenza di provvedimenti amministrativi o giudiziari che sospendono la riscossione. Gli atti esecutivi devono rispettare anche i limiti temporali: ad esempio, l’intimazione di pagamento (atto che precede l’espropriazione) perde efficacia se non seguita entro un anno dalla cartella.