Panico nella Pubblica Amministrazione: la mannaia del Fisco sta per colpire. Scopri se il tuo stipendio è in pericolo

Francesco Giuliani

Settembre 22, 2025

Dal 1° gennaio 2026 chi lavora nella Pubblica Amministrazione o percepisce una pensione statale rischia il blocco automatico dello stipendio o della pensione se ha debiti fiscali superiori ai 5.000 euro. Una misura mai vista prima per combattere l’evasione.

Dal prossimo anno entra in vigore una novità destinata a cambiare le regole per dipendenti statali e pensionati pubblici. Chi guadagna più di 2.500 euro al mese e ha debiti fiscali oltre i 5.000 euro non potrà più contare sull’intera retribuzione: una parte dello stipendio o della pensione sarà bloccata in automatico fino al saldo del debito.

La misura, approvata con la Legge di Bilancio 2025, è stata rinviata di un anno per consentire alla Pubblica Amministrazione di aggiornare i sistemi informatici e sarà operativa dal 1° gennaio 2026.

Perché arriva questa stretta fiscale

L’obiettivo del provvedimento è chiaro: rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Finora lo Stato aveva il potere di sospendere i pagamenti dovuti alle imprese debitrici verso l’Erario, ma non toccava i singoli lavoratori.

Con l’introduzione del nuovo comma 1-bis all’articolo 48 bis delle disposizioni sui redditi, il meccanismo viene esteso anche a chi percepisce uno stipendio o una pensione pubblica.

In pratica, ogni volta che un ente statale pagherà lo stipendio o la pensione, effettuerà un controllo immediato: se il beneficiario ha debiti fiscali superiori alla soglia, scatterà il blocco automatico di una quota del pagamento.

Il governo vuole così evitare che chi lavora per lo Stato o riceve una pensione dallo Stato possa contemporaneamente non saldare i propri debiti fiscali.

Come funziona il blocco

Il sistema si basa su due passaggi precisi:

  1. Verifica preventiva: prima di erogare lo stipendio o la pensione, la Pubblica Amministrazione controllerà se la persona ha cartelle esattoriali o altre pendenze fiscali per almeno 5.000 euro.

  2. Sospensione della quota: se la verifica conferma il debito, una parte della retribuzione verrà bloccata e comunicata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che procederà al recupero.

Il blocco non riguarderà solo la busta paga ordinaria, ma anche indennità legate al rapporto di lavoro, comprese quelle liquidate in caso di fine servizio o licenziamento.

Chi sarà colpito e chi resterà escluso

Non tutti i lavoratori pubblici e pensionati saranno interessati. Le nuove regole valgono solo per chi:

  • guadagna più di 2.500 euro netti al mese;

  • ha debiti fiscali oltre i 5.000 euro (derivanti da cartelle esattoriali, multe non pagate o altre pendenze con il Fisco).

Sono quindi esclusi i dipendenti e pensionati con redditi più bassi e chi non ha pendenze con l’Erario. In questo caso, lo stipendio o la pensione continueranno a essere versati senza alcuna trattenuta.

Secondo le stime ufficiali, i cittadini coinvolti saranno circa 250.000 tra dipendenti e pensionati della Pubblica Amministrazione.

Quanto recupererà lo Stato

L’impatto economico di questa misura non è marginale. Nella relazione tecnica alla Legge di Bilancio si prevede che già nel 2026 lo Stato riuscirà a recuperare 36 milioni di euro. Una cifra che, una volta a regime, potrebbe crescere fino a 90 milioni di euro l’anno.

Si tratta di risorse importanti che verranno reinserite nelle casse pubbliche per finanziare altri interventi. Allo stesso tempo, la norma ha anche un valore simbolico: vuole dare un segnale forte di equità fiscale, facendo capire che chi lavora per lo Stato non può ignorare i propri debiti verso il Fisco.

Cosa cambia per i cittadini

Per chi rientra nella categoria a rischio, l’unica strada per evitare il blocco sarà mettersi in regola con le cartelle esattoriali prima dell’entrata in vigore della norma.

Gli esperti sottolineano che non si tratta di un pignoramento classico ordinato da un giudice, ma di un blocco automatico e immediato, gestito direttamente dalla Pubblica Amministrazione attraverso i sistemi digitali di incrocio dei dati.

Questo significa che dal 1° gennaio 2026 non ci sarà bisogno di alcuna notifica preventiva: lo stipendio o la pensione verranno ridotti in automatico, e la parte bloccata finirà direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.